martedì 22 ottobre 2013

La Milano del commissario Fedeli - Piazza Vetra

Piazza Vetra, Parco delle Basiliche: è qui, nel cuore di Milano, che ha inizio la sequenza di delitti che coinvolge Carlo Fedeli, commissario della omicidi, e la sua squadra in un’indagine che metterà a dura prova sia il fisico che i sentimenti del protagonista.


Questa piazza, oggi simbolo della Milano da bere, ricca di locali alla moda e di sushi bar nei quali si ritrovano abitualmente tre generazioni di milanesi (e non solo…) è lo scenario del ritrovamento del corpo inanimato di una giovane donna, tragico prologo in un’alba piovosa di quanto attende il commissario meno amato del corpo di polizia.
Piazza Vetra è un luogo storico per Milano e per i milanesi… il cui ricordo è spesso accompagnato da lacrime, le stesse che lascia la pioggia sul volto di Fedeli quando scopre dalle foglie il viso senza vita della prima vittima.
E’ una storia fatta di peste, di tortura, di sangue di innocenti…
Nel 1630, la città è devastata dalla peste: una figura si aggira tra il Carrobbio ed il Ticinese, per sbucare oltre le colonne di San Lorenzo ed imboccare quella che era chiamata la “vetra dei cittadini”. Costui è Guglielmo Piazza, commissario di Sanità con il compito di allontanare gli appestati, portando i vivi al Lazzaretto e seppellendo i morti nelle fosse comuni. Una donna lo vede aggirarsi davanti ai portoni delle case della Vetra mentre il sole non è ancora sorto e lo scambia per un untore: l’uomo viene denunziato ed arrestato al capitano di Giustizia che immediatamente lo mette ai ferri. Il Piazza viene torturato allo scopo di conoscere i nomi di altri untori e l’uomo, sfinito e speranzoso dell’indulgenza per la sua collaborazione fa il nome del primo che gli passa per la mente, un certo Mora, un barbiere che nulla ha a che fare con la peste e con gli untori. I due finirono per confessare cose che non avevano mai fatto e furono condannati a morte e nel punto in cui furono arsi vivi venne eretta in seguito la statua di San Lorenzo….

Nel 1914 fu la passione a tingere di rosso piazza Vetra: Elvira Andressi, per tutti Rosetta, era una giovane prostituta, uccisa con molta probabilità (qui la leggenda supera la storia) da un poliziotto, che innamoratosi di lei, la sorprende a bordo di una carrozza con l'amante di turno e la trapassa mortalmente con uno stiletto.


Ma anche in epoca moderna piazza Vetra è stata lo scenario di una tragedia: è il novembre del 1976 quando alla pattuglia della Volante Duomo della questura arriva la segnalazione che alcune persone si aggirano in modo sospetto intorno all’agenzia della Cariplo di via Urbano III. Quando arriva la pattuglia, guidata dal vice brigardiere Carlo Ripani,  alcuni funzionari della banca riferiscono che quattro uomini, vestiti con impermeabili, si sono allontanati in direzione di piazza Vetra. Ripani non indugia e con un collega li insegue intimando loro di fermarsi: una sventagliata di mitra si abbatte sul giovane brigadiere che viene colpito. Morirà nel trasbordo verso il più vicino ospedale, mentre i delinquenti si fanno scudo nella loro fuga con un bambino di due anni e con una donna. E’ un altro dei sanguinosi capitoli che vedono come protagonisti Vallanzasca e la banda della Comasina…



Dare il via a questo romanzo partendo da questa piazza, da questo parco è come inoltrarsi in una parte di storia della nostra città, avvolta tra le spire della foschia e dell’umidità, personaggi esse stesse di “Dasvidanija commissario Fedeli”

sabato 12 ottobre 2013

Milano, una notte come tante altre.....

Lunedì 15 novembre –
ore 3.15
Milano – Giardini di Piazza Vetra

 “почему я?”…”perché io ?”
Oramai era solo un pensiero, non più parole.
La sua vita stava scivolando via, il respiro solo un miraggio al quale aggrapparsi; profumo di erba bagnata e di foglie ingiallite… un istante, senza capire il perché e poi il nulla.

Solo il silenzio.


Così ha inizio "Dasvidanija commissario Fedeli", il mio romanzo poliziesco, ambientato principalmente in una Milano nella quale pioggia e lacrime si uniscono ed in cui, alla fine, niente è come sembra...La città diventa un personaggio che interagisce con Carlo Fedeli, l'uomo che prima di prendere l'assassino dovrà riuscire a dare un nome alla sua prima vittima....


Lunedì 15 novembre –
ore 5.13
Milano – Via Cappuccio

Silenzio…
Il trillo acuto del cellulare destò il commissario Carlo Fedeli da un sonno già di per sé agitato, fatto di sogni (pochi) e incubi (tanti).
Echeggiando nella grande camera, il telefono rivendicava l’attenzione del suo proprietario, ancora incerto se rispondere e tuffarsi in un nuovo incubo, questa volta molto più reale, o se ignorarlo e cercare nell’oblio una sua nuova identità.
Silenzio… come silenzio c’era nell’attico di quell’antico palazzo nel cuore della vecchia Milano da quando Cristina aveva abbandonato il letto nel quale il commissario cercava ora di ritrovare qualche attimo di pace. A dire il vero la sua oramai ex moglie aveva dapprima lasciato il letto di quella enorme camera per andare a dormire nella stanza degli ospiti, proprio per non essere più svegliata nel cuore della notte dalle telefonate della squadra Omicidi; poi, giusto prima di quella estate, aveva pensato bene di lasciare anche quel letto per accomodarsi meglio in quello del suo dentista, portando via con sé i suoi odiosi incensi, le sue cervellotiche manie di precisione e tutta la sua intensa femminilità, ma tant’è…
Da troppo tempo Fedeli aveva sposato il suo lavoro, le sue indagini e le sue notti insonni.

ore 5.14

Un minuto.
Per un intero minuto lo squillo del telefono risuonò assordante. Un minuto che al commissario Fedeli parve un’eternità, ma che sottolineò, qualora ce ne fosse bisogno, che la sua presenza era davvero indispensabile, ovunque e qualunque cosa fosse accaduta in quella umida notte di metà novembre.
“Dove?”
“Commissario, sono l’agente Barletta. L’ho svegliata?”
Stupido idiota: sono le 5 di mattina…dove pensi possa essere? A ballare la macarena con qualche vecchia carampana?...
“No Barletta… lascia perdere…e dimmi dove?”
“Mi scusi commissario…è che…”
“Dove?!”
“Nel Parco di Piazza Vetra commissario, abbiamo già chiamato la Scientifica e transennato la zona”…
Già…perché alle 5 del mattino in Piazza Vetra oltre a quattro tossici e ai sopravvissuti della notte, vissuta a ritmo di happy hour e lounge bar, chi vuoi che ci passi?
“Bene Barletta… Non toccate nulla altrimenti questa è la volta che vi rimando tutti nelle Murge!”
Piazza Vetra… dieci minuti a piedi da casa mia, pensò  ama­ramente il commissario Fedeli interrompendo la comunicazio­ne, senza chiedere chi fosse la vittima e le circostanze del ritro­vamento.
Lavorava così: nessun dettaglio prima di vedere la scena del crimine, per non avere alterato dal giudizio altrui quella che de­finiva “la prima istantanea”, quell’immagine che si sarebbe im­pressa per sempre nella sua mente, che avrebbe alimentato un nuovo incubo, che l’avrebbe accompagnato per tutte le indagini.

Le lacrime della “sua Milano” lo accolsero quando uscì in strada, una timida pioggerellina che perfettamente si intonava al suo stato d’animo.  
Rispettato, ma non di certo amato se non dai suoi stretti col­laboratori a causa dei suoi modi e della sua tagliente ironia, Fe­deli era diventato a soli 40 anni commissario e Capo della Squa­dra Mobile di Milano, sezione Omicidi. Da tre anni dirigeva quel reparto, in una Milano che più che da “bere” era diventata ai suoi occhi “bevuta”, svuotata della sua proverbiale operosità ed in mano ad amministratori e buro­crati capaci solo di creare ostacoli al suo lavoro.
La “sua” Milano era svanita, come era svanita la vita di qual­cuno, in quella notte, a pochi passi da casa sua, forse calpestata da uno di quei fighetti con il SUV.
No. Si ripromise che  nessun pregiudizio avrebbe dovuto alterare la sua capacità di giudizio e di osservazione.

Percorsa Via Cappuccio e Via Circo, svoltò a sinistra in Via del Torchio, proprio mentre Ahmed scaricava dal suo furgoncino bianco le prime paste frolle che dalle sette e trenta in poi avrebbero soddisfatto i primi appetiti di architetti e segretarie che ogni mattina affollavano il piccolo “Caffè Le Tre Vie”…
“Commissario, come sempre niente ombrello?” disse l’arabo guardando i corti capelli corvini di Fedeli già fradici.
“Buongiorno Ahmed…oddio buongiorno mica tanto.”
“Se è già in giro a quest’ora non è un buon segno commissario…prenda una pasta, almeno avrà un buon motivo per ricordare questa levataccia”…
Il buon Ahmed… ecco la nuova Milano che lavora, magari per 600 euro al mese e sicuramente in nero…
All’incrocio tra Via del Torchio e Via Cesare Correnti la frolla era già sparita, friabile al primo morso e tanto saporita quanto semplice nella sua preparazione.
Giunto al Carrobbio, ovviamente deserto a quell’ora, non poté fare a meno di sorridere amaramente immaginando la confusione ed il traffico che entro un paio di ore avrebbero paralizzato la circolazione, lo sferragliare dei tram e le liti tra pedoni ed automobilisti per guadagnare un metro di asfalto.
Una folata di aria gelida mista alle ultime gocce di pioggia fece rimpiangere a Fedeli di non aver indossato un maglione sotto la sua giacca nera preferita; il cappotto, poi, era per lui un vero optional.
Da lì, percorrendo Via San Vito entrò nella Milano della Movida, con i suoi locali fashion ed i suoi cocktail con troppo ghiaccio e poco alcool, i sushi bar e i suoi party glamour. Fedeli, immerso nei suoi pensieri, oltrepassò i tavolini su cui giacevano, come caduti in battaglia, bicchieri semivuoti che giovani cameriere assonnate raccoglievano di malavoglia.
Una volta, non troppo lontana nel tempo, anche lui era stato un protagonista di quel mondo, fatto di tanta apparenza, di grandi firme e di profumi costosi, ma con l’ingresso nella omicidi la voglia di mischiarsi alla gente era svanita. Aveva mantenuto il rituale dell’aperitivo del venerdì solo per fare un favore a Cristina, ma alla fine ne aveva avute le tasche piene di quei suoi amici snob. 
L’odore acre del fumo andava ormai disperdendosi nell’umidità del mattino; ancora qualche metro ed i giardini di Piazza Vetra sarebbero apparsi ai suoi occhi, con l’abside della Basilica di San Lorenzo a dominarne il lato destro. Là, a pochi passi da dove nel 1617 fu bruciata per stregoneria Caterina de Medici, riflettori da oltre 1000W illuminavano a giorno un’area di circa cinquanta metri quadrati, delimitata da un nastro bianco e rosso.
Milano aveva smesso di piangere, ma là un corpo senza vita aspettava il commissario Fedeli.
Là il diavolo aveva visto quello che ora Fedeli poteva solo immaginare.


venerdì 11 ottobre 2013

L'inizio....

Il personaggio di Carlo Fedeli nasce nel 2010 quando finalmente, dopo anni di soggetti e storie ricacciati in un angolo della mia fantasia, la voglia di scrivere un romanzo prende il sopravvento sulla pigrizia e la paura di non riuscire ad arrivare fino in fondo. E così, senza dire nulla a chi divide in casa o sul posto di lavoro ore della propria vita, ho scritto, scritto e cancellato, scritto riletto e cancellato nuovamente, fino a scrivere e ad arrivare alla fatidica "ultima pagina"....
In questo blog vi racconterò chi sono io, chi è il commissario Carlo Fedeli e ringrazierò pubblicamente chi ha sopportato silenzi ed euforie che hanno accompagnato la stesura definitiva del mio primo (e spero non ultimo) romanzo poliziesco: "Dasvidanija commissario Fedeli"